Enel
è una grande multinazionale, un'azienda cardine del
nostro Paese. Ma il 41% della sua elettricità proviene dal
carbone, che è la fonte energetica più sporca e impattante per
il clima e la salute umana. Se pensiamo che il 43% del gas serra è
causato dai fumi del carbone, possiamo capire quale sia il grado di
problematicità per l'ambiente.
Per
vagliare la situazione italiana in maniera scientifica e secondo le
modalità previste dal EEA (Agenzia europea per l'Ambiente),
Greenpeace si è affidata all'istituto di ricerca indipendente e no
profit SOMO. Dai risultati si è scoperto che in Italia
Enel causa una morte prematura al giorno e 1,8 miliardi di euro
l’anno di danni
alla salute, all’economia e all’ambiente. Mentre in Europa la
produzione a carbone di questa multinazionale italiana, arriva ad una
stima di quasi 1.100 morti premature l’anno e danni per 4,3
miliardi.
Purtroppo
questi dati risalgono alle emissioni del 2009 e nel frattempo la
produzione è aumentata, portando ad un innalzamento dei tassi di
nocività. Come se non bastasse, Enel ha in programma la
realizzazione di due nuove centrali a carbone in Italia: a Porto
Tolle e Rossano Calabro.
Tuttavia,
Enel mantiene una sorta di monopolio e, forte del suo potere, ha
tentato di censurare la campagna di Greenpeace, trascinando in
tribunale l’associazione con una richiesta di oscuramento totale
delle sue attività di informazione e protesta e con una richiesta di
risarcimento. Il Tribunale di Roma ha però bocciato il ricorso di
Enel, riconoscendo la veridicità dei dati ottenuti
dall'associazione.
Greenpeace
continua a battersi e chiede la cancellazione dei progetti
riguardanti le due nuove centrali, il dimezzamento della produzione
elettrica da carbone entro il 2020 e l’azzeramento della stessa per
il 2030; infine richiede lo sviluppo di fonti energetiche
alternative, rinnovabili e pulite.
Tali
richieste paiono categoriche e c'è chi propone una soluzione di
compresso come quella di investire sulla segregazione dei fumi
industriali. Ma Greenpeace ribatte e puntualizza che la tecnologia
CCS (cattura e sequestro di carbonio) è ancora in via di
sperimentazione, non è sicura ed ha dei costi troppo elevati.
Per di più, viene spesso utilizzata come espediente per procedere
con la costruzione di fabbriche e delegare al futuro, quando queste
tecnologie saranno mature, la messa in sicurezza della produzione.
Questa scusante, tuttavia, si rivela quasi sempre impossibile, mentre
i fumi del carbone continuano a nuocere alla salute delle persone e
dell'ambiente.
Un
aiuto potrebbe arrivare dallo Stato italiano. Sebbene Enel sia un
soggetto giuridico privato, lo Stato italiano possiede infatti una
quota del 31% sulla società. Potrebbe quindi far valere questo
potere per incentivare gli investimenti sull'energia rinnovabile e
ricordare ad Enel l'importanza del patrimonio ambientale nazionale.
Nessun commento:
Posta un commento