venerdì 8 febbraio 2013

La Sanità Mentale in Italia

La depressione colpisce sempre più persone a livello mondiale. Oggi è al 4° posto tra le malattie che accorciano la vita, ma potrebbe presto conquistare il podio. In Italia colpisce il 10% della popolazione, mentre 121 milioni sono le persone affette da questo disturbo secondo l'OMS. Oltre a questi dati preoccupanti, ci ha fatto allarmare il rapporto della Commissione d'Inchiesta sul Sevizio Sanitario Nazionale di Palazzo Madama, portandoc ad indagare sulla situazione dei malati mentali in Italia e sull'utilizzo dell'elettroshock nel mondo.


Il disturbo mentale ha sempre fatto paura, quasi come la morte e, per questo ha provocato spesso il rifiuto, l'isolamento e l'emarginazione di chi ne è affetto. Ma i malati di mente sono malati, da rispettare e da curare come tutti gli altri malati e senza titoli discriminanti ed ingiuriosi. 
 
STORIA
Nel periodo dei manicomi, i malati mentali venivano accolti in vere e proprie strutture nelle quali subivano ogni genere di violenza, perché non si comprendeva la malattia e si preferiva nascondere il malato dagli occhi di tutti. Le guerre e l'era industriale crearono una moltiplicazione dei casi di disturbo mentale e i governi ad un certo punto dovettero affrontare il problema. Nell'immediato dopoguerra partirono i primi studi su base scientifica e pian piano fu compreso che il malato mentale poteva essere reinserito in ambito comunitario dopo essere stato accolto in una istituzione. Nacque così una nuova filosofia psichiatrica che vide l'uomo come titolare di diritti, al centro del processo riabilitativo.
In Italia le precarie condizioni dei malati mentali vennero denunciate negli anni '70, sulla scia delle proteste anticonformiste del 1968. In quel periodo l'unica cosa che contava era chiudere la struttura indesiderata (“la lotta del cancello”) per cancellare gli orrori e trasferire tutti i pazienti. Il movimento in prima linea era quello dell'antipsichiatria, secondo cui la malattia mentale non esiste. Le idee furono esposte da Franco Basaglia in un libro del 1978 "Psichiatria e Antipsichiatria" e furono poi divulgate tramite la Legge 180.
Questa riforma del sistema dell'assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale, voleva essere un modo per modernizzare l'impostazione clinica dell'assistenza psichiatrica, instaurando rapporti umani con il personale e la società, riconoscendo la qualità di vita e i diritti dei pazienti. Questa legge prevedeva la chiusura dei manicomi, la regolamentazione del Tso (trattamento sanitario obbligatorio), istituiva i servizi di igiene mentale pubblici e il Servizio Sanitario Nazionale e demandava alle Regioni il compito di creare strutture territoriali adeguate. Tuttavia, la riforma ha avuto reale attuazione solo nel Friuli Venezia Giulia, nel comune di Pistoia e in altre località minori. La legge 180/1978 regola ancora oggi (inserita nella legge nazionale sanitaria 833) l'assistenza psichiatrica in Italia, nonostante le critiche e le proposte di revisione.

L’introduzione degli psicofarmaci ha poi portato un ulteriore cambiamento della società e della struttura sanitaria. Gli psicofarmaci non guariscono la malattia, però possono diminuire i sintomi, allungare i periodi di latenza, bloccarne l’evoluzione, ridurre le crisi di violenza e permettono una quasi normalità. Per questo, la chiusura permanente o quasi del malato in apposite strutture è diventata necessaria solo nei rarissimi casi. Tutti i paesi europei dal 1975 al 1990 hanno adeguato la legislazione e le strutture a questa nuova realtà, riformando più volte la legge. Solo l’Italia ha fatto eccezione.

DIVISIONE TRA PRO E CONTRO LEGGE 180
Dopo l'avvento della nuova legge sulla salute mentale i familiari si sono associati in due distinte fazioni. Le associazioni di familiari pro-legge 180 legate a cooperative, gruppi sociali e medici, che sono spesso politicizzate o unite nei mass media con l'obiettivo è la libertà terapeutica del paziente. Dall'altra parte, ci sono le associazioni di familiari per migliorare la legge 180: non legate ad alcuna organizzazione di categoria,divise tra quelle che hanno radicalizzato la lotta nel rifiuto della legge e quelle che mantengono un atteggiamento rispettoso verso alcuni punti, come la contrarietà alla struttura manicomiale. Siccome entrambi i gruppi richiedono comunque un miglioramento dell'attuale situazione di abbandono, andiamo a vedere quali sono i punti di criticità della legge Basaglia.

CONTRARI ALLA LEGGE 180
Nessuno sogna di riaprire la stagione dei manicomi, che sarebbe un incubo, sogniamo una stagione di cura, perché la 180 abbandona le famiglie che hanno malati mentali, le lascia sole”. F.Storace

Secondo coloro che richiedono un miglioramento, la legge 180, sebbene valida sul piano della dignità umana, non ha tenuto conto di alcune importanti fattori. Primi tra tutti: i pazienti e le famiglie.
I pazienti venivano dimessi selvaggiamente, senza essere più ricoverati per l'assenza di strutture territoriali adeguate e si equiparavano i pazienti più violenti o aggressivi a quelli più tranquilli.
Le famiglie sono state costrette a sobbarcarsi l'intera assistenza sanitaria e continuano a farlo da oltre 26 anni. I familiari, costretti a convivere con una persona spesso delirante, hanno subito anche gravi conseguenze perchè non sono in grado di diagnosticare i miglioramenti e peggioramenti dei disturbi. Sono legati emotivamente al malato e pertanto sono difficilmente affidabili. Per di più, sono incolpati della condizione mentale dei loro cari. Tra le teorie dell'antipsichiatria c'è infatti quella del double-bind: che sostiene in pratica che la famiglia per l'incapacità di comunicare con il disturbato, sia la causa determinante della schizofrenia. 

A livello legislativo la legge prevede:
Art.33. Gli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori sono disposti dal sindaco su proposta motivata di un medico. Gli accertamenti ed i trattamenti sanitari obbligatori sono attuati nei presidi e servizi pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate.
Art.34. La legge regionale disciplina la istituzione dei servizi a struttura dipartimentale che svolgono funzioni preventive, curative e riabilitative relative alla salute mentale.
Gli oppositori affermano che la degenza non dovrebbe essere mai fatta in un ospedale generale, ma occorre una struttura specialistica adatta. Inoltre, la decisione deve essere demandata ai medici e poi soggetta alla convalida di una Commissione ad hoc, non al sindaco. L'art 34 inoltre demanda la responsabilità alle Regioni, ma non chiarisce e non specifica come devono essere le strutture e come vanno controllate, mostrando quindi una povertà di contenuti e una completa de-responsabilizzazione.

Infine, osservando i grafici tratti dai dati ufficiali del Ministero degli Interni in Italia le morti per malattia mentale hanno subito un elevato incremento dal 1980. Si potrebbe però obbiettare che la mortalità per malattia mentale potrebbe essere aumentata anche negli altri paesi. Ma i dati ufficiali dello WHO, riguardante i morti per malattia mentale in Italia, in Europa ed in alcuni paesi europei, dimostrano che l’Italia è l’unico Paese europeo in cui la mortalità è aumentata di ben 6 volte dopo il 1980, mentre negli altri Paesi ha avuto un modesto incremento.

ELETTROSHOCK
L'elettroshock (oTec, terapia elettroconvulsivante) è una tecnica terapeutica, che induce convulsioni nel paziente successivamente al passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello. Fu sviluppata e introdotta negli anni trenta dai neurologi italiani Ugo Cerletti e Lucio Bini ed è ancora utilizzata in Italia e nel mondo. Secondo il rapporto della Commissione di Inchiesta sul Ssn di Palazzo Madama, in Italia tra il 2008 e il 2010, 1.406 i pazienti sono stati trattati con elettroshock.
821 donne e 585 uomini (la maggioranza tra i 40 e 74 anni) sono state sottoposte alla Tec in una delle 9 strutture psichiatriche autorizzate a tale trattamento: sei sono pubbliche (Brescia, Oristano, Cagliari, Bressanone, Brunico e Pisa) e tre private (la clinica San Valentino a Roma, la Santa Chiara a Verona e la Barruziana a Bologna).
In Italia, il ricorso a questo trattamento segue le disposizioni della circolare 15/02/1999 del Ministero della Salute, che ne limita l’uso a situazioni cliniche molto particolari e gravi. Ma questo metodo di cura è molto dibattuto e secondo alcuni esperti non avrebbe una validità scientifica. Basaglia affermò che curare un paziente con l’elettroshock è «come prendere a pugni un televisore per rimetterlo sulla giusta frequenza».

Gli effetti collaterali sono legati alla confusione e perdita di memoria riguardante gli eventi prossimi al trattamento e ai dolori muscolari; mentre danni celebrali permanenti non sono stati ancora riscontrati. Tuttavia, secondo una ricerca del 2010 di John Read e Richard Bentall, dell'Università di Bangor, su 112 studi e resoconti clinici, la Tec non evidenza alcuna efficacia e sicurezza. Anzi, la ricerca conferma la presenza di danni sulle funzioni cognitive, soprattutto per quanto riguarda l'attenzione e la memoria e le lesioni, che possono essere permanenti, si accompagnano anche a un lieve aumento del rischio di morte.

Questa pratica che viene abitualmente utilizzata in molti altri Paesi come gli Stati Uniti, dove, grazie alla rivalutazione che ha avuto negli anni '80, viene applicata oggigiorno su circa 100 mila pazienti all’anno. Anche in Italia c'è chi la sostiene, ad esempio nel 2008, l'Associazione italiana per la terapia elettroconvulsivante, propose una petizione in cui si chiedeva l'apertura di almeno un servizio di Tec per ogni milione di abitante.
Infine, secondo la ricercatrice neurologa Helen Mayberg, una stimolazione elettrica controllata (un pacemaker) potrebbe offrire miglioramenti apprezzabili nei confronti di disturbi depressivi maggiori. L'ha già dimostrato un’efficacia in malattie come il morbo di Parkinson. La Deep Brain Stimulation è una metodica neurochirurgica che prevede l'impianto di elettrodi in specifiche regioni cerebrali, attraverso dei piccoli fori di trapano praticati sul cranio. Questa tecnica è di comprovata efficacia nel trattamento di alcuni sintomi neurologici, come il Morbo di Parkinson, epilessia non controllabile farmacologicamente e dolore. 
Naturalmente il mondo scientifico non è tutto d’accordo sull’utilizzo di certe tecniche per la cura delle malattie mentali.

IDEE ALTERNATIVE
La depressione e l'esaurimento sono i mali del nostro secolo, ma al giorno d'oggi esistono forme meno invasive per provare a guarire. Le terapie olistiche e la fisica quantistica offrono una visione alternativa di vedere il problema e di affrontarlo, ma bisogna essere capaci di aprire la mente a schemi differenti da quelli che la cultura occidentale degli ultimi secoli ci ha abituato.

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